SpIdErDuX ha scritto: i paperi!! sai che dovrei averla anch'io quella storia? sepolta in garage...
Sono un disneyano fanatico che è cresciuto tra Topolinia e Paperopoli. Ancora oggi, chiudermi in casa solo con un bel fumetto disney tra le mani è una delle poche cose capaci di riappacificarmi col mondo anche nei momenti peggiori.
Anche se troppo mi resta da imparare, sicuramente paperi e topi mi hanno insegnato davvero tanto. Sono una parte assolutamente fondamentale del mio mondo e figurati che dico sempre che rappresentano uno dei tre punti cardinali della mia esistenza.
cmq aspetto con ansia i tuoi commenti..
Rientrando in tema e prendendo spunto dalle parole di Spiderdux, faccio qualche personale riflessione. Purtroppo dico subito che è cosa lunga, per cui sono solo per chi ha voglia e tempo di leggere, e comprendo sinceramente chiunque non trovi né l'una né l'altro.
E’ vero: la generazione a cavallo tra gli Ottanta e i Novanta è tutta cresciuta col mito del turbo. La parola “turbo” ce l’hanno sempre fatta percepire un po’ come il pulsante magico del “Knight Industrial Two Thousand”, quel turboboost fantascientifico che faceva schizzare la nostra KITT a dieci metri d’altezza. Ad un certo punto, è finita che non eri nessuno se in gamma non avevi almeno una turbo, al punto che pure case tradizionalmente a digiuno di sovralimentazione hanno avvertito la necessità di provare a recuperare il tempo perso. Tra queste c’è pure l’Alfa Romeo.
Quello dell’Alfetta GTV 2000 Turbodelta fu, nel 1979, un esperimento dettato dalla necessità. Necessità di omologare la macchina nel Gruppo 4 e potere così gareggiare nei rally (per centrare l’obiettivo, si doveva produrne almeno 400 esemplari), ma anche necessità di rivitalizzare commercialmente le coupé in listino, letteralmente uccise dalla grande crisi energetica iniziata nel 1973. Per la verità, fu centrato solo il primo obiettivo. L’aspetto commerciale, invece, fu un mezzo disastro: la Turbodelta era nata già destinta a fare piccolissimi numeri, ma non ebbe neanche quell’effetto-traino che si sperava. Però la sua storia è ugualmente significativa per capire come l’Alfa si approcciò alla sovralimentazione. Essenzialemente era una cosa a cui lei stessa non credeva più di tanto, forse per mancanza di risorse economiche o forse perché non la si riteneva neanche troppo coerente con storia del marchio o, più probabile, per entrambi i motivi. In Europa, ormai, tutti accoppiavano il turbo all’alimentazione ad iniezione: l’Alfa era l’unica che decise di non riprogettare il tutto, limitandosi invece solo ad adattare ciò che già aveva in casa, piazzando una turbina KKK a monte dei due tradizionali carburatori che ovviamente, per l’occasione, fu necessario pressurizzare e adeguare con nuove guarnizioni. E’ chiaro: per non far saltare tutto dopo 500 chilometri, fu necessario modificare anche altro, non solo i carburatori. Pistoni e canne cilindro, guarnizioni della testa, alberi a cammes, radiatore dell’acqua, pompa benzina, frizione e linea di scarico, ammortizzatori diversamente tarati. Ma, tutto sommato, ciò a cui venne chiamata l’Autodelta non fu nulla che non fosse alla portata anche di un normale preparatore after market. Nella sostanza, il progetto originario della GTV non fu stravolto e – cosa fondamentale! – non comportò investimenti aggiuntivi in ricerca e sviluppo. Il risultato fu buono, ma anche di compromesso. L’incremento prestazionale rispetto alla GTV 2000 aspirata naturalmente ci fu, ma non fu poi così stratosferico: appena 20 cv in più di potenza (150 anziché 130: +15%) e qualcosa come 5 kgm di coppia in più (da 18 a 23: +30%). In pratica, eravamo sugli stessi livelli della Saab 900 (che all’epoca non era certo un punto di riferimento!) e tanto lontani dai 170 cv della Porsche 924. All’Alfa naturalmente questo lo avevano capito e decisero di provare a far entrare dalla finestra ciò che era uscito dalla porta, lavorando sulla trasmissione e accorciando in modo massiccio i rapporti del cambio. Conclusione: la Turbodelta scattava in ripresa come una saetta (2 secondi in meno della GTV 2000 aspirata e addirittura 7 secondi in meno della Porsche!), ma pagava pesantissimo pegno in velocità: appena 200 km/h di punta (praticamente appena una spanna in più rispetto alla GTV aspirata!) contro i 230 km/h della Porsche. La Saab, invece, stava ancora dietro (anche se non di moltissimo: circa 190 km/h) , ma c’è da dire che era fortemente penalizzata dal vecchio cambio a 4 rapporti (ultra-corti!) che in Svezia non si decidevano ad abbandonare. Insomma, questa Turbodelta: grande elasticità di marcia per via di un po’ di coppia in più e di un cambio ben accorciato, ma prestazioni pure e semplici che erano al di sotto delle aspettative che all’inizio erano andate montando intorno a questa prima Alfa sovralimentata dell’era moderna. Questo fu il primo turbo moderno in salsa Alfa Romeo. Se guardiamo bene, pure la 75 1.8 Turbo seguì la stessa strada. Tutte le volte che ho ripensato ai turbo Alfa Romeo degli anni Ottanta, li ho sempre visti come un “vorrei, ma non posso”: come ha scritto Spiderdux, il turbo era di moda, ma all’Alfa soldi per fare qualcosa di veramente serio nel campo della sovralimentazione non ce ne erano. Si sarebbe dovuto attendere la 164 e la 155 per i primi veri turbo Alfa Romeo ad alte prestazioni, con un apporto fondamentale dell’esperienza Lancia. Solo che proprio in quel momento (anni Novanta) i turbo hanno smesso di essere di moda. Anzi, se vogliamo dirla tutta, in molti casi il turbobenzina si è cominciato a intenderlo (a torto) come sinonimo di cafonaggine, anzi – visto che siamo siciliani – di zzauddaggini!!
Morale della favola: per qualche anno, la turbina è finita in soffitta e i costruttori hanno tutto puntato sulla sportività innata di motori aspirati capaci di girare belli alti: ad eccezione di chi motori a benzina di grande serie dal temperamento sportivo non ha mai voluto farne – francesi, svedesi e certi tedeschi (leggi: gruppo Volkswagen e Mercedes) – tutti gli altri europei e i giapponesi hanno iniziato a montare contagiri col fondoscala sempre più alto: motori capaci di urlare e spingere fino a 7500-8000-8500 giri come forsennati. Ovviamente, anche l’Alfa ha seguito questa strada, coi suoi quattro Twin Spark 16v e affinando sempre più il 6 cilindri nato con l’Alfa 6.
La storia (anche quella dell’auto), però, spesso vira improvvisamente. Automobili pesanti richiedono maggiori potenza e coppia, maggiori potenza e coppia richiedono maggiore pressione, cioè maggiore cilindrata (o, in alternativa, maggiore aria comburente). All’inizio si è andati avanti alla vecchia maniera, a base di centimetri cubici e alti regimi di rotazione. Poi all’Euro2 è seguito l’Euro3 e poi ancora l’Euro4. Sino a quel momento si era riusciti a resistere strenuamente, lavorando di fino su attriti, iniezioni e linee di scarico. Ma l’Euro5 è stata la mazzata finale: filtri su filtri, iniezioni sempre più centellinate, mappature sempre più micrognose hanno fatto vittime illustri. Prendete un piccolo Fiat Fire Euro5 e mettelo su strada accando ad un Fire Euro0, 1, 2, 3 o anche 4: stessi cavalli (anzi, anche di più sull’Euro 5!), ma – di cavalli – in realtà sembra di essersene persi 30 strada facendo. Tutta un’altra erogazione. Vale anche per motori più grandi: l’ultima versione del 1.8 Twin Spark 16v della GT era Euro4, ma si sentiva subito che qualcosa era cambiato rispetto alle versione Euro2 ed Euro3. Come se non bastasse, un bel giorno arriva pure una nuova crisi energetica, ancora più subdola di quella del 1973. Ci svegliamo una mattina e tutti (tecnici, stampa specializzata, spot pubblicitari, giornalisti...) ci danno la lieta novella: ragazzi, i motori tutti passione e adrenalina hanno fatto il loro tempo e, almeno per la grande produzione, bisogna che ve ne facciate una ragione. Il pianeta ce lo chiede. E, aggiungo io, probabilmente è anche vero, ma questo è un altro discorso.
Fatto sta che, giorno dopo giorno, gli aspirati hanno iniziato a cedere il passo ai NUOVI sovralimentati, che nulla hanno a che vedere coi sovralimentati adrenalinici degli anni Ottanta. Se ci pensiamo un attimo, i turbo di oggi sono più simili a quello dell’Alfetta GTV Turbodelta che a quelli della Lancia Delta. Siamo in piena epoca Euro5 e l’Euro6 è già alle porte (2014). C’è addirittura chi dice che non bisognerà attendere l’Euro7 del 2020 per vedere sopravvivere i diesel solo nell’alto di gamma (segmenti D ed E), perché già l’Euro6 renderà costosissimo “educare” un ciclo diesel a non superare mediamente i 75 g/km di CO2. Per non parlare dei 65 g/km che saranno imposti dall’Euro7. Ma se i turbodiesel stanno male, pure i benzina (aspirati e turbo) non si sentono tanto bene: dalla seconda fase dell’Euro6 (diciamo intorno al 2016-2017), le restrizioni all’emissione di particolato verranno applicate anche ai motori a benzina e non più solo ai motori a gasolio come accade oggi. Che succederà a quel punto?
Già oggi vediamo minuscoli motori a 2 cilindri dentro l’Alfa Mito, come tra qualche tempo vedremo anche motori a 3 cilindri dentro una Bmw 1 e 3. Nel giro di qualche anno, questa diventerà la prassi e motori dal frazionamento a 2 e 3 cilindri ce li troveremo come cosa assolutamente normale anche dentro automobili di cinque metri. Comincerà tra poco la Ford, con la sua nuova Mondeo 1.0 Ecoboost (un 3 cilindri di soli 999 cc, ovviamente turbo), ma c’è da giurarci che tutte le altre case la seguiranno. Insomma, questo benedetto “rimpicciolimento” dei motori diventerà la norma, insieme alla sempre più massiccia diffusione di alimentazioni ibride e ibride plug-in: mediamente, l’automobile del 2020 sarà una vettura spinta da due motori: uno termico a benzina turbocompresso (frazionato a 2-3 cilindri e di cilindrata compresa tra 1 e 1,5 litri) e uno elettrico (sempre più spesso di tipo plug-in, cioè con batterie non più solo ricaricate dal motore termico durante la marcia, ma ricaricabili anche allacciandosi alla rete elettrica, come oggi facciamo normalmente col telefonino). Poi, col tempo, arriveranno le prime vetture ibride Range Extender, in cui il rapporto motore termico-elettrico sarà invertito: non sarà più l’elettrico ad aiutare il termico, ma la trazione la determinerà solo l’elettrico, mentre il termico servirà solo ad inviare corrente alle batterie se queste saranno scariche. La tecnologia delle Fuel Cell che producono energia elettrica alimentate dall’idrogeno sembra cosa ancora lontanissima nel tempo.
Di fronte a tutto questo, stare qui a discutere di aspirati e sovralimentati sembra oggettivamente roba preistorica. Ma non è così. Anzi, la rinascita del turbo io lo spiego proprio pensando a quanto detto fino ad ora. La necessità di tagliare pesi ed emissioni inquinanti, l’obbligo di rispettare normative ambientali sempre più stringenti, la promessa di tagliare in modo sostanziale i consumi di carburante sono tutte cose che hanno fatto diventare l’uso della sovralimentazione una cosa indispensabile, per di più su motori necessariamente sempre più piccoli. Meno pistoni vuol dire minori pesi, minori ingombri, minori masse in movimento e quindi minori attriti. In una sola parola, minore impatto ambientale. Ma proprio il rimpicciolimento dei propulsori ha reso necessario il turbo, perché nessuno oggi vuol rinunciare a spunto e prestazioni. Tra l’altro, anche quando parliamo di turbo, bisogna intendersi, perché la turbina classica di cui siamo abituati a parlare inizierà prima o poi ad essere affiancata da turbine con tecnologia Vtes, vale a dire turbo dotati di assistenza elettrica, azionati da un velocissimo motorino elettrico capace di accelerarli rapidamente sino a velocità nell'ordine di 70.000 giri al minuto, azzerando così il ritardo di risposta ai bassi regimi. Questo sistema prevede comunque l'impiego di un secondo turbocompressore azionato in modo tradizionale dai gas di scarico e che subentri quando quello elettrico sia arrivato al proprio regime massimo, ma non si può affatto escludere che si arrivi, prima o poi, all'impiego di un unico turbocompressore capace di abbinare sul suo albero sia il turbo mosso dai gas di scarico sia un motorino elettrico potente almeno 1,5 kW. E poi, per tornare all’oggi, alette dal profilo aerodinamicamente più evoluto, capacità di garantire una maggiore portata e pressione d'aria, flusso dei gas di scarico che investe le palette della turbina in modo non solo radiale ma anche assiale (mixed flow), inerzia ridotta al minimo grazie all'impiego di materiali più leggeri come leghe di titanio e alluminio...
Insomma, pure il turbo cambia e si evolve. Ma, innanzitutto, ad essere mutata è proprio la filosofia: oggi il binomio necessario non è più turbo-potenza, ma turbo-coppia. Mentre anni fa il ricorso alla sovralimentazione era generato dalla necessità di raggiungere prestazioni elevate agli alti regimi, oggi l'obiettivo è più semplicemente quello di ottenere miglioramenti ai regimi intermedi, lasciando pressoché invariata la potenza massima. E, ancora una volta, ecco che ritorna il fantasma dell’Alfetta GTV Turbodelta, solo che nel 1979 quel risultato fu determinato dalla necessità di limitare al massimo i costi dell’operazione, col risultato di creare un’Alfa turbo non in linea con ciò che quell’epoca pretendeva da una macchina turbo. Paradossalmente, il carattere della Turbodelta (certo tecnicamente improponibile nell’epoca dell’Euro5) si troverebbe perfettamente a suo agio nell’epoca attuale.
Tutto bene, allora? No, anche io tra un bell’aspirato davvero capace di girare alto e un sovralimentato che vive costantemente appollaiato sui suoi bei 4000 rpm preferisco in linea di massima l’aspirato. Però attenzione.
Innanzitutto non tutti gli aspirati sono capaci di girare (e girare bene!) alti: per esempio, tra il MultiAir aspirato della Mito e lo stesso MultiAir turbo della medesima Mito, oggi è molto più coinvolgente il turbo. Non è solo questione di cavalli, ma proprio di erogazione.
In secondo luogo, non tutti i giorni hai voglia di “pilotare” e anzi, spesso e volentieri, preso come sei dai tuoi pensieri e dalle rogne quotidiane, hai solo bisogno di guidare per andare dal posto A al posto B, magari pure in mezzo ad una selva di lamiere, rumori e persone nevrotiche che guidano attaccate al clacson come tanti deficienti metropolitani fanno oggi. In molti casi, non te ne frega nulla di andare a esplorare le zone alte del contagiri e hai solo voglia che la macchina risponda rapidamente a ciò che vuole il tuo piede destro, perché tanto sai che prima di arrivare a 4500 rpm la macchina che ti precede pesterà sul freno costringendo anche te a frenare.
Dunque, non è tutto piombo quel che non luccica. Anche un bel turbo-soft moderno a volte fa molto comodo.
Negli anni Ottanta e Novanta, di fronte alla scelta tra un turbo sportivo e un aspirato sportivo, non avevo dubbi in favore del secondo. Ma erano altri tempi e altri motori: gli aspirati sportivi di allora erano progressivi, lineari e agli alti regimi erano in grado di provocare scariche adrenaliniche difficilmente spiegabili a parole. D’altro canto, I sovralimentati sportivi dell’epoca, sapevano darti un calcio nella schiena strepitoso: bello e coinvolgente finché vuoi, ma con l’unico grande difetto che durava troppo poco. Oltre che di auto, sono anche un grande appassionato di aviazione (soprattutto civile). Ebbene, la sensazione di quei turbo era (con le debite proporzioni, ovviamente!) la stessa regalata dai turbofan degli aerei a getto: ogni volta che mi faccio un take-off su un aereo mi sento in paradiso. Solo che purtroppo finisce tutto nel giro di cinque-sei secondi e dopo mi annoio non poco in attesa del landing. Tra parentesi, siccome lo so, in cabina mi piazzo sempre un paio di metri prima delle ali, verso la coda: così almeno mi diverto a vedere lavorare ipersostentatori, timoni orizzontali, aerofreni e invertitori di spinta. Tutte cose che purtroppo sulle auto non ci sono!
In definitiva, io mi diverto più su un aspirato sportivo che su un turbo sportivo. Solo che per acquistare un’auto nuova spinta da un motore aspirato dal carattere sportivo, oggi è necessario prima rapinare una banca (e deve essere pure una grande banca!). Gli aspirati di oggi sono quasi tutti sonnolenti e abbastanza noiosi: coinvolgimento zero, per tantissimi motivi (normative ambientali, downsizing, rapporti lunghi e tutto il resto). Allora, oggi, su una macchina nuova, molto meglio un turbo: almeno non ti addormenti come rischi seriamente di fare su una 500L 1.4 o su tantissme altre auto attuali col motore aspirato.
Lasciando allora da parte i motori aspirati sportivi di anche solo dieci anni fa (ché tanto ormai non stanno più in listino), oggi per me è meglio un’auto turbo che un’auto aspirata. Vantaggi ce ne sono tanti. Il motore, rimpicciolito rispetto al suo omologo aspirato, spreca minore energia non solo per quanto riguarda gli attriti interni, ma anche per quanto riguarda il pompaggio dell’aria da parte dei pistoni. Il TwinAir Turbo della Mito può far storcere il naso perché ha solo due cilindri, ma è assolutamente oggettivo che ha meno pistoni, bielle e valvole in movimento rispetto al 1.4 Fire. Anche considerando che parte del vantaggio va perso per via della necessaria adozione del contralbero di equilibratura e di un volano più grosso, il bilancio finale resta comunque favorevole al bicilindrico. E inoltre, pur con tutti i suoi limiti, la TwinAir turbo resta sempre più divertente da guidare rispetto alla Mito 1.4 Fire aspirata.
Piuttosto, ciò in cui si rimane completamente fregati è un altro aspetto dei turbo attuali, soprattutto quelli piccoli, ma non solo loro. Lo abbiamo capito: è necessario rimpicciolire i motori a livelli un tempo impensabili (per abbassarne l’impatto ambientale) e allora diventa necessario metterci un turbo per farli respirare e per far fare ad un 1.8 ciò che prima faceva un 3.0, ad un 1.4 ciò che prima faceva un 1.8, ad un 1.0 ciò che prima faceva un 1.4 e ad un 900 ciò che prima faceva un 1.2. Questo ce lo hanno spiegato in tutti i modi possibili. E, tralasciando emozioni e divertimento di guida, è tutto vero in temini di potenza pura e semplice.
Però non ci hanno detto che per la nostra tasca non cambia praticamente nulla, o quasi. Per ottenere grandi prestazioni da piccoli motori a benzina, serve immettere più aria attraverso la sovralimentazione. Il gioco funziona fino ad un certo punto, perché – oltre un certo limite – l’aria pompata nelle camere di combustione aumenta talmente (in termini di pressione, ma anche in termini di temperatura) da far nascere il concreto rischio di detonazioni incontrollate, le quali non solo ovviamente creano danni ma fanno pure perdere potenza. Il problema è serio, tanto che i costruttori cercano tutti di affinare il più possibile l’alimentazione ricorrendo anche a sistemi molto complessi come la distribuzione MultiAir della Fiat, mentre altri preferiscono per il momento cercare di ottimizzare il più possibile l’iniezione diretta. In tutti casi, però, non si riesce ad andare oltre un certo limite. Alla fine, si può giostrare quanto si vuole, ma viene il momento che l’unica cosa che resta da fare è far affluire nel cilindro più benzina di quella che è necessaria: benzina in eccesso che, spruzzata nella camera di combustione, ha la sola funzione di evaporare per sottrarre calore alla carica di gas. Risultato, se si chiede al motore turbo un comportamento molto brillante, i consumi diventano allucinanti. E’ questa la fregatura più grande: anche se i costruttori provano sempre a convincerci del contrario, turbo non vuol dire alte prestazioni con consumi ridotti. Ciò non valeva venti anni fa (quando le prestazioni alte almeno c’erano davvero!) e a maggior ragione non vale neanche nei moderni motori rimpiccioliti. Anzi, oggi il problema si è addirittura accentuato, perché ad un piccolo motore turbo intorno al litro di cilindrata, per farlo andare decentemente, devi sempre tirare le marce. Ma vale anche per i motori turbo di maggiore cubatura. Un 1.4 da 170-180 cv, alla fine non corre gratis. In questo caso, solo il metano… ti dà una mano: col suo elevato numero di ottano (120, contro i 95-100 delle benzine normali e speciali), ha un notevolissima capacità anti-detonante e non si incendia violentemente neanche se miscelato con taanta aria molto calda e compressa. Infatti, la nuova Panda 0.9 TwinAir turbometano, conserva inalterati i propri consumi anche tirandole il collo.
E dunque? Abbiamo rimpicciolito i motori, ma consumiamo quasi uguale: la Mito TwinAir ha due soli cilindri, è solo una 900 cc, ha appena 85 cv, ma percorre in media i 13 km al litro. Pochissimo più di quanto riesce a percorrere la mia 155 1.8 TS 16v, che – a differenza della Mito TwinAir – ha gli attriti di una 4 cilindri con due alberi a cammes e 16 valvole, ha 140 cv e pesa pure qualche centinaio di chili in più rispetto alla Mito. Io mi sono perso qualcosa. Infatti, mi sono perso che la mia 155 è del 1997 ed è Euro2, mentre la Mito TwinAir è del 2012 ed è Euro5.
Alla fine del discorso, ne esce fuori che quella del turbo contemporaneo non è stata una scelta “filosofica” come quella fatta invece a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta in cui alcuni costruttori amavano gli aspirati e altri costruttori amavano i sovralimentati. Quella degli anni in cui stiamo vivendo è stata per le case (tutte) solo una scelta obbligata per compensare le perdite imposte dal progresso delle normative ambientali. Il problema è che non sempre questa compensazione ha funzionato: in alcuni casi (non in tutti!) abbiamo abbassato (di poco, molto poco!) i consumi a parità di potenza massima erogata, ma ci siamo persi per strada una bella dose di divertimento. E temo che sarà sempre peggio, almeno quanto a divertirci. In compenso, nei tubi di scarico delle nostre macchine tra un po’ potremo anche mangiarci.