(1972) Alfetta Nel 1972, il progetto con sigla 116 è pronto per essere presentato con il nome di Alfetta. La linea, elaborata dal Centro Stile Alfa Romeo, con la parte frontale piuttosto raccolta e quella posteriore voluminosa, concilia le esigenze di sportività con quelle di capacità di carico: si tratta di un netto distacco dalle linee arrotondate della Giulia e la nuova berlina si avvicina più alla filosofia della 1750, che per l'appunto va a sostituire. Ma è, come al solito, la meccanica a fare la parte del leone e a distinguerla nettamente dalle concorrenti. In un certo senso si può dire che l'Alfetta è l'auto di serie più rivoluzionaria e innovativa della casa milanese costruita dal dopoguerra. La disposizione degli organi meccanici con motore anteriore longitudinale arretrato e gruppo frizione-cambio-differenziale (schema Transaxle) al retrotreno ha come effetto un'eccellente distribuzione dei pesi, ripartito 50/50. Il raffinato ponte posteriore è del tipo De Dion con parallelogramma di Watt, i freni a disco posteriori inboard (affiancati al differenziale) per consentire una netta diminuzione delle masse non sospese. Proprio questa somiglianza tecnica con la monoposto 159, vincitrice del campionato del mondo di F.1 nel 1951 e nella sua epoca battezzata appunto Alfetta dagli appassionati, convinse la dirigenza ad utilizzare proprio il nome Alfetta per la nuova vettura. Anche la geometria delle sospensioni anteriori è inedita per un'Alfa, con elementi elastici a barra di torsione (in luogo delle molle), cosi come lo sterzo a cremagliera, che ha il piantone del tipo regolabile in senso verticale. Il motore 4 cilindri in linea bialbero, tutto in alluminio, è lo stesso della 1750, cioè il 1779 cc, eccezion fatta per la potenza massima erogata, ora di 122 CV din, e per il diverso disegno della coppa dell'olio, nonchè per il sistema di raffreddamento, ora dotato di un'elettroventola a comando termostatico.
(1975) Alfetta 1.6 - 1.8 Nella primavera del 1975 viene presentata la versione 1.6, dotata di motore 1570 cc erogante 109 CV a 5600 g/m e semplificata negli allestimenti rispetto all'Alfetta che ora prende la denominazione di Alfetta 1.8, la quale intanto subisce un leggero restyling facilmente identificabile dalla calandra priva dei tre profili cromati, dallo scudo più largo, dai quattro rostri paraurti ora completamente in gomma, dai bracci dei tergicristalli completamente neri e dalla scritta Alfetta 1.8 che adesso compare sul baule (in luogo della precedente scritta Alfetta). All'interno viene modificata la leva di apertura del cofano motore e la scatola portafusibili, viene adottato il lavavetro a comando elettrico, i comandi della climatizzazione sono ora ridisegnati e illuminati, le parti che nella serie '72 sono in legno diventano nella serie '75 in finto legno, così come diventano in plastica i comandi sulle porte che nella serie '72 sono invece di materiale metallico: deflettori, alzacristalli, apertura porte. Viene anche invertita la posizione degli strumenti di tachimetro e contagiri, che ora adottano i fondini di colore azzurro (in luogo del nero) adottati fin dall'origine anche dalla 1.6. Una nuova messa a punto del motore, volta al contenimento dei consumi di carburante riduce la potenza massima erogata a 118 CV a 5300 g/m. Nel 1977, poi, gli allestimenti di carrozzeria ed interni riguardanti le versioni 1.6 e 1.8 vengono tra loro unificati verso l'alto, nel senso che entrambe le motorizzazioni sono adesso commercializzate con l'allestimento che prima era riservato alla 1.8. Restano invariate le caratteristiche meccaniche.
Alfetta 1.6 Alfetta 1.8
(1977) Alfetta 2000 La nuova Alfetta 2000 venne presentata al salone di Ginevra del 1977. Gli elementi di distinzione dalla precedente serie sono parecchi, a cominciare dal frontale più basso e allungato di circa 10 cm, con due gruppi ottici rettangolari inseriti in una calandra più squadrata e di colore nero. Il cofano ora non si apre più controvento, mentre i grossi paraurti in acciaio hanno inserti in poliuretano espanso e incorporano anteriormente gli indicatori di direzione. La fiancata è caratterizzata dall'assenza del deflettore anteriore e dalle griglie di sfogo dell'aria più larghe, mentre i gruppi ottici posteriori sono maggiorati. La plancia, che adotta un nuovo disegno, è di colore marrone e nuovi sono anche il volante e la tappezzeria. La vettura è dotata del bialbero 1962 cc che eroga 122 CV a 5400 g/m.
(1977) Alfetta 2.0 L Nel luglio del 1978 viene presentata l'Alfetta 2.0 L che, grazie ad una ottimizzazione della messa a punto del propulsore, consente di contenere i consumi di carburante nonostante la potenza erogata sia ora di 130 CV. Con l'uscita di questo propulsore, viene per la prima volta adottato da Alfa Romeo il dispositivo di regolazione dell'anticipo di accensione tramite attuatore pneumatico a depressione. All'interno sono da segnalare diverse finiture dei tessuti, mentre la plancia presenta ora il rivestimento con listelli in finta radica, in luogo dei precedenti listelli con finitura satinata.
(1979) Alfetta 1.6 - 1.8 Nel 1979 le versioni 1.6 e 1.8 adottano le portiere della 2.0 L, con maniglie incassate e prive dei deflettori laterali: le vetture vengono in gergo definite unificate. Il bialbero della versione 1.8 ritorna alla potenza iniziale di 122 CV erogati a 5300 g/m.
(1979) Alfetta 2.0 turbodiesel Nel 1979 viene presentata l'Alfetta Turbo D, dotata del propulsore di 1995 cc ed erogante 82 CV a 4300 g/m, prodotto dalla VM di Cento (FE): la vettura si impone subito come una delle piu' veloci vetture a gasolio del momento. Esternamente e internamente presenta allestimenti analoghi alla 2.0 L, ma è risonoscibile - oltre che per la sigla Turbo D posta sul baule - anche per il voluminoso codino dello scarico.
(1981) Alfetta 2.0 Li America Nel 1981 viene presentata l'Alfetta 2.0 Li, versione destinata al mercato USA e dotata di paraurti ad assorbimento di energia (in linea con le severe norme statunitensi inerenti la sicurezza stradale) e di listelli paracolpi sulle fiancate. Il motore è dotato di alimentazione ad iniezione meccanica realizzata dalla SPICA e la vettura, dotata di ruote in lega specifiche, è disponibile nell'unica tinta grigio metallizzato. Da notare che tale versione fu realizzata anche per alcuni mercati europei con la denominazione di Alfetta Si e resa disponibile - in questo caso - anche nella tinta testa di moro. Il propulsore delle versioni Si e Li, sviluppa una potenza di 125 CV.
(1982) Alfetta 1.6 - 1.8 - 2.0 Nel 1982 tutte le versioni dell'Alfetta vengono unificate alla scocca della 2.0 L e presentano alcuni aggiornamenti: le coppe ruota sono ora realizzate in materiale plastico di colore nero, il retrovisore esterno regolabile è a comando elettrico, l'antenna dell'autoradio è integrata nel parabrezza, i ripetitori laterali degli indicatori di direzione vengono spostati vicino alle portiere anteriori (nella parte posteriore dell'arco passaruota). In particolare, la versione 2.0 presenta la calandra di colore alluminio satinato, i proiettori anteriori sono dotati di tergilavafari (accessorio ottenibile a richiesta anche sulla Turbo D), di dimensioni maggiori sono ora i fregi Alfa Romeo applicati alla carrozzeria, le fiancate sono dotate di profili paracolpi e di rivestimenti sottoporta in materiale plastico. Posteriormente, la versione 1982 dell'Alfetta è riconoscibile per il portatarga in materiale plastico che unisce i due gruppi ottici. Iinternamente, i listelli in finta radica lasciano il posto ai listelli in finto mogano e anche il volante a tre razze e' ora di nuovo disegno, presentando nelle versioni 2.0 e 2.0 Turbo D la corona in finto legno. Di nuovo disegno pure le bocchette di areazione. Nelle versioni 2.0 e 2.0 Turbo D, infine, sono di serie gli alzacristalli elettrici anteriori e - unicamente per la versione 2.0 - anche gli appoggiatesta posteriori. A livello meccanico, sono da segnalare sulle versioni 1982, l'adozione di rapporti del cambio allungati (ora con la quarta marcia di potenza e quinta di riposo) al fine di un contenimento dei consumi, l'innovativo impianto di accensione elettronica senza contatti (breakerless) realizzato da Magneti Marelli e una taratura delle sospensioni volta a conferire maggiore comfort di guida.
Alfetta 1.6 - 1.8 Alfetta 2.0
(1981) Alfetta 2.0 Li America CEM Taxi - (1982) Alfetta 2.0 CEM Il 1982 vede anche la nascita commerciale dell'Alfetta CEM (Controllo Elettronico Motore), una versione ad iniezione elettronica che permette il funzionamento modulare del propulsore (1962 cc, 130 CV) escludendo alternativamente una coppia di cilindri (1-3 e 2-4). Internamente, la versione CEM presenta un pannello di controllo attraverso il quale si ottengono indicazioni sul funzionamento modulare del motore, con la possibilità di attivare o disattivare il sistema. Grazie al sistema "modulare", l'Alfetta CEM vanta una riduzione dei consumi di carburante superiore al 15%. Le dotazioni e gli allestimenti sono i medesimi della versione 2.0 del 1982. Da ricordare che la versione CEM del 1982 segue un'altra versione CEM allestita nel 1981 sulla carrozzeria dell'Alfetta 2.0 Li e affidata sperimentalmente all'uso dei tassisti di Milano.
Alfetta 2.0 Li America CEM Taxi (1981) Alfetta 2.0 CEM (1982)
(1982) Alfetta 2.0 Quadrifoglio Oro Sempre del 1982 è la presentazione dell'Alfetta Quadrifoglio Oro (1962 cc, 125 CV) dotata dell'impianto di alimentazione ad iniezione meccanica SPICA già adottato sulle versioni Li e Si. Questa versione, disponibile nelle due tinte grigio metallizato e bronzo metallizzato, presenta il frontale a 4 proiettori circolari e ruote in lega di forgia specifica. Internamente sono presenti rivestimenti più curati e la strumentazione è arricchita da un inedito check-control e da un trip computer che informa sui consumi e sulle percorrenze. La vettura è dotata di serie di alzacristalli elettrici anteriori e posteriori, di regolazione elettrica dei sedili e di cinture di sicurezza per tutti i cinque posti. Le finiture in materiale plastico sono di color marrone e l'auto è inoltre dotata di vetri bronzati. All'inizio del 1983, l'Alfetta Quadrifoglio Oro perde l'iniezione meccanica SPICA e viene dotata di alimentazione a 4 carburatori: la potenza sale a 130 CV.
(1983) Alfetta 1.6 - 1.8 - 2.0 turbodiesel Nella primavera del 1983, l'Alfetta si rinnova per l'ultima volta. Esteriormente cambia la calandra anteriore e viene aggiunto uno spoiler sotto al paraurti di nuovo disegno, con cantonali che arrivano fino all'arco passaruota. Su tutta la carrozzeria viene fatto largo uso di finizioni in materiale plastico e, posteriormente, una nuova cornice in materiale composito racchiude i gruppi ottici e la targa. Scompare dal baule il comando di apertura dello stesso, che viene ora comandato dall'interno tramite una leva posta alla base del sedile di guida (un secondo cavo di emergenza è posto sotto il divanetto posteriore). I montati posteriori si presentano ora privi dei caratteristici sfoghi d'aria, spostati ai lati del lunotto. Le coppe ruota sono di colore grigio. Internamente la plancia viene totalmente ridisegnata, come anche il quadro strumenti (che presenta una nuova grafica) ed i pannelli porta. Nelle versioni top di gamma, viene adottato un imperiale multifunzione che attraversa tutto il rivestimento interno del tetto e presenta comandi per gli alzavetri, la plafoniera e gli spot di lettura anteriori e posteriori. Infine, il divano posteriore è ora dotato di appoggiatesta integrati.
(1983) Alfetta 2.0 Quadrifoglio Oro Nel corso del 1983, l'Alfetta Quadrifoglio Oro viene dotata del nuovo propulsore 1962 cc dotato di iniezione elettronica sequenziale Bosch Motronic con variatore di fase posizionato sull'albero a camme di aspirazione, accensione elettronica digitale integrata: questa versione si rivela, sia sotto l'aspetto meccanico che delle finiture e delle dotazioni di serie, in grado di rivaleggiare con una concorrenza ben piu' moderna. I 130 cv erogati dal bialbero le permettono di superare i 185 km/h e la regolarità di marcia e il piacere di guida assicurati dal sistema di gestione del motore ne fanno una berlina estremamente dinamica. L'applicazione del variatore di fase è inoltre stata l'antesignana di una tecnologia all'avanguardia che ha equipaggiato molte Alfa Romeo negli anni seguenti ed è ancora oggi un avanzato e valido sistema di ottimizzazione delle prestazioni, dei consumi e delle emissioni inquinanti dei motori.
(1983) Alfetta 2.0 - 2.4 turbodiesel Il 1983 è anche l'anno che vede affiancare all'Alfetta 2.0 Turbo D una nuova versione dotata di motore 2.4, sempre prodotto dalla VM, che eroga una potenza di 95 CV a 4200 g/m e che, spingendo la vettura a oltre 165 km/h, porta di nuovo l'Alfetta ai vertici prestazionali tra le vetture a gasolio.
(1984) Arriva l'Alfa 90 L'Alfetta, dopo 12 anni di onorata carriera, esce di produzione alla fine del 1984. Sarà sostituita dall'Alfa 90.